IL LAVORO

 

 

La Repubblica Italiana si fonda sul Lavoro

 

Sicuramente l'intenzione del legislatore era quella di voler sostenere  un diritto, il "diritto" ad una vita decorosa che si consegue attraverso il frutto  del "lavoro". 

 

Quindi si sostiene il diritto al "lavoro", non fine a se stesso, bensì per raggiungere un "benessere" allo scopo di migliorare la qualità della vita.

 

Ma allora perché fondare l'Italia sul diritto al “Lavoro” invece che sul diritto al “Benessere” ?

 

Cominciamo con il fare una distinzione molto importante, noi siamo abituati a chiamare "lavoro" l'attività  che ognuno di noi svolge per guadagnare il denaro necessario alle esigenze di una vita sana e decorosa, è pero indiscutibile che un conto è guadagnare denaro impegnando la forza e le energie muscolari del corpo ed un altra cosa è guadagnare denaro impegnando le capacità della mente come la conoscenza scientifica o umanistica, la  professionalità intellettuale, la creatività  artistica , la destrezza speculativa, la vena commerciale, l'abilità oratoria, la vocazione politica, la qualità manageriale.

 

Sappiamo che"LAVORARE" significa guadagnare il denaro occorrente per vivere in funzione allo svolgimento di una attività , ma dobbiamo distinguere tra il lavoro che implica stress e usura del corpo e/o della mente ed il lavoro che invece rinfranca il corpo , la mente (e lo spirito) perché trattasi di attività attitudinale e creativa che la persona è portata a svolge con piacere e soddisfazione e che talvolta svolgerebbe anche per hobby senza motivi di necessità.

 

Purtroppo però  le persone che hanno la fortuna di guadagnare svolgendo mestieri attitudinali sono molto poche rispetto a quelle che lavorano per "forza di necessità" e talvolta persino le attività attitudinali sono rese faticose e stressanti dalle condizioni di operabilità , dalle esigenze aziendali, dall'ambiente di lavoro.

 

Ne consegue che per la stragrande maggioranza delle persone ad esclusione dei liberi professionisti, artisti, intellettuali, politici, il "lavoro"  può  causare  stress, consumo dell'organismo, alle volte causa di danni psicologici e/o fisici, lavorando nel senso fisico si  può incorre nella fatalità di perdere la vita o di rimanere disabile,  chi svolge lavori usuranti  e/o stressanti incorre in una aspettativa  di  vita più breve di chi non lavora o di chi svolge attività  di "piacere attitudinale".

 

Io sono giunto alla conclusione che non è il Lavoro a migliorare la qualità della vita, ma è il Benessere, infatti se osserviamo il mondo "reale" la migliore qualità della vita non la detengono coloro che sono impegnati nella fatica di un lavoro, ma la detengono coloro che svolgono una attività attitudinale e sopratutto coloro che raccolgono profitti  "facendo lavorare gli altri"

 

Ma i guadagni di denaro ancora più consistenti  con attività ancora meno usuranti e con una ancora migliore qualità della vita, la detengono i "parassiti",  certe lobbies, certi monopolisti,   certe corporazioni di intoccabili (vedi farmacisti, notai,..),  certe caste politiche,  certe cosche di usura (banche e assicurazioni), certe bande di speculatori (in borsa, in edilizia, e altrove).

 

Il lavoro nobilita certamente, ma solo chi ha la fortuna di svolgere l'attività che appaga le ambizioni della propria attitudine.  

 

Questa riflessione mi fa ritenere che  il "lavoro" è la strada  maestra al benessere e ad una migliore qualità della vita, ma non di chi lavora, bensì di chi dalla "fatica degli altri" costruisce la propria esistenza se non addirittura la propria fortuna.

 

Secondo me dire che l'Italia si fonda sul lavoro inteso come diritto legittimo che permette il raggiungimento di un maggior benessere è una frase (in buna fede) stridente e non reale che suona ipocrita e beffarda.

 

Per me è una affermazione di origine massonica che realizza la goduria di chi vive nel benessere parassitando sul lavoro degli altri.

 

Io proporrei di abolire l'articolo della Costituzione sostituendolo con il seguente:

 

 " L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul diritto al benessere della collettività che si deve raggiungere attraverso il miglioramento della qualità della vita di ogni singola persona."